Il rischio costituisce un elemento essenziale del contratto di assicurazione e le sue vicende influiscono, di conseguenza, sulla validità ed operatività della relativa garanzia. Esso pone dei problemi in relazione alla natura di contratto di durata propria, che contraddistingue il contratto di assicurazione da altre forme contrattuali.
AGGRAVAMENTO, DIMINUZIONE E CESSAZIONE DEL RISCHIO
Quali che siano le cause che possono modificare la situazione del contratto di assicurazione vigente, esse determinano delle conseguenze, alternative tra loro:
- aggravamento
- diminuzione
- cessazione del rischio
Esse sono disciplinate dagli artt. 1896 e seguenti del C.C.; tale norma codicistica prevede due differenti ipotesi e due diversi effetti prodotti dalla cessazione del rischio assicurativo:
- Contratto per il quale sia già iniziata l’efficacia: non si discute di nullità del contratto di assicurazione, ma di scioglimento anticipato del contratto nei casi in cui il rischio esistente all’atto della stipula della polizza assicurativa, cessi in epoca successiva, oppure in corso di validità del contratto di assicurazione.
In tali ipotesi il contratto si scioglie, ma l’assicuratore conserva il diritto al pagamento dei premi fino a quando la cessazione non gli sia comunicata, oppure qualora non ne venga altrimenti a conoscenza.
Pertanto, in forza del principio di indivisibilità del premio, i premi relativi al periodo di assicurazione (in corso al momento della comunicazione o della conoscenza della cessazione del rischio) continuano ad essere dovuti per intero. - Contratto che non abbia ancora avuto efficacia, per espressa previsione delle parti, che gli effetti dell’assicurazione debbano avere inizio in un momento posteriore alla conclusione del contratto e il relativo rischio cessi nell’intervallo.
Tale evenienza può verificarsi, ad esempio, qualora l’assicurato non paghi il premio dovuto ai sensi dell’art. 1901 c.c., oppure quando non abbia ancora avuto inizio l’esposizione al rischio. In tale casistica il contratto si scioglie e l’assicuratore vanta il solo diritto ad esigere il rimborso delle spese.
La cessazione del rischio può coincidere con il verificarsi del sinistro o dell’evento previsto dalla polizza, ma ciò non costituisce una regola predeterminata nel contratto di assicurazione.
Diverso è il caso della risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta: in questa ipotesi, poiché la cessazione del rischio è contemplata da una disposizione normativa, non sarà necessaria alcuna comunicazione da parte dell’assicurato all’assicuratore, inerentemente alla sopravvenuta cessazione del rischio.
Ciò poiché la giurisprudenza considera la medesima portata per la sopravvenuta cessazione del rischio e per la sopravvenuta inassicurabilità dello stesso, per disposizioni di legge. Gli effetti della cessazione del rischio sono, in ogni caso, quelli previsti dalle vigenti leggi e scaturiscono per espressa previsione di una norma e non per la volontà dell’assicurato.
L’AGGRAVAMENTO E DIMINUZIONE DEL RISCHIO SONO CONTEMPLATI, RISPETTIVAMENTE, DAGLI ARTT. 1897 E 1898 C.C.

Gli artt. 1897 e 1898 c.c. meritano una visione unitaria, poiché presentano la necessità di adeguare gli obblighi delle parti alla mutata situazione di fatto, oppure alla necessità di sciogliere un vincolo contrattuale non più voluto nei suoi effetti dalle parti contraenti.
Da ciò scaturisce l’assunzione del rischio / pagamento dell’indennizzo e, di contro, il pagamento del premio.
Ne consegue che la denuncia di cessazione del rischio assicurativo appartiene alla sfera degli atti giuridici.
Pertanto, per verificarne la tempestività, è necessario fare riferimento al momento della sua emersione, e non invece a quello della conoscenza da parte del destinatario, poiché non ha la natura di atto ricettizio.
L’art. 1897 c.c. prevede che, in caso di una diminuzione del rischio comunicata dall’assicurato all’assicuratore, oppure di una riduzione delle possibilità del verificarsi dell’evento assicurato (che sia durevole nel tempo, stabile e, come tale, se fosse stata conosciuta al momento della stipula del contratto di assicurazione), avrebbe portato alla definizione tra le parti contraenti di un premio assicurativo minore, l’assicurato acquista un diritto di riduzione del premio alla prima scadenza di quest’ultimo, o della rata di premio, ferma restando la facoltà – per l’assicuratore – di recedere dal contratto entro due mesi dalla comunicazione medesima.
Il diverso caso dell’aggravamento del rischio è disciplinato dall’art. 1898 c.c., che prevede l’obbligo da parte del contraente di dare immediato avviso all’assicuratore dei cambiamenti che aggravano il rischio.
In seguito a tale comunicazione, l’assicuratore può recedere dal contratto dandone comunicazione in forma scritta all’assicurato, entro il termine di un mese dal giorno in cui ha ricevuto l’avviso, o ha avuto conoscenza, con modalità diversa, dell’aggravamento del rischio.
Il recesso dell’assicuratore produce degli effetti giuridici immediati, qualora l’aggravamento sia tale che l’assicuratore non avrebbe consentito l’assicurazione.
Inoltre, qualora l’aggravamento del rischio sia tale che per la polizza di assicurazione sarebbe stato richiesto un premio maggiore, il recesso dell’assicuratore ha effetto dopo quindici giorni. Altresì, nel caso in cui il sinistro si verifichi prima che siano trascorsi i detti termini, per la comunicazione e per l’efficacia del recesso, l’assicuratore non risponde, qualora l’aggravamento del rischio sia tale da non consentire l’assicurazione, da parte dell’assicuratore medesimo, se il nuovo stato di cose fosse esistito, al momento del contratto; diversamente, la somma dovuta viene ridotta proporzionalmente all’aggravamento. Tuttavia, spettano all’assicuratore i premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui viene comunicata la dichiarazione di recesso.
L’aggravamento del rischio, ossia l’aumento delle possibilità che l’evento assicurato si verifichi, deve essere caratterizzato dall’elemento della novità, vale a dire che la situazione incidente sulla probabilità dell’evento assicurato non deve essere stata prevista, né prevedibile, da parte dei contraenti al momento della stipula del contratto di assicurazione.
Per di più la situazione sopravvenuta deve essere permanente nel tempo, essendo irrilevante il verificarsi di un singolo episodio transitorio.
Gli effetti dell’aggravamento del rischio sono quelli previsti dal Legislatore e si producono in forza di una norma di legge. Come per la comunicazione della cessazione del rischio, più sopra evidenziata, la comunicazione dell’aggravamento del rischio rappresenta un vero e proprio onere per l’assicurato e non è un atto negoziale.
IL “RISCHIO ANOMALO” SI DIFFERENZA DALL’AGGRAVAMENTO DEL RISCHIO
Occorre tenere distinto il c.d. “rischio anomalo” dall’aggravamento del rischio. In ambito giurisprudenziale si parla di rischio anomalo ogniqualvolta in cui, al verificarsi dell’evento dannoso, abbiano concorso altre circostanze rispetto a quella coperta dalla garanzia assicurativa, tali da incidere sulla prevedibile dinamica dei fatti. Dottrina e giurisprudenza sono del medesimo orientamento, affermando che “il cosiddetto rischio anormale non è configurabile come una categoria autonoma rispetto alle tradizionali specie di rischio e quindi li rischio assicurativo non può essere limitato ai soli sinistri che presentino il carattere della normalità (sentenza Corte Cassazione Civile n. 2115/1996).
La categoria del rischio anomalo non avrebbe motivo di esistere, poiché ad essa non corrisponde un’autonoma disciplina, dal momento che l’indennizzo sarà dovuto o meno in relazione al verificarsi del sinistro, causato dal rischio coperto dalla polizza. Concludendo, non esistono rischi normali e rischi anormali, ma soltanto rischi coperti oppure non coperti.
È ONERE A CARICO DI PARTE ATTRICE PROVARE CHE IL SINISTRO VERIFICATOSI RIENTRI NEI RISCHI INCLUSI NELLA POLIZZA ASSICURATIVA

Con la recente sentenza n. 2010 del 15/09/2022, pronunciata dalla Corte di Appello di Catania, è stato sancito un principio secondo cui:
In tema di assicurazione contro i danni il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, con la conseguenza che ai sensi dell’art. 2697 c.c. spetta all’assicurato-danneggiato dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro (cfr. Cass. III, 02/04/2021, n. 9205; I, 14/06/2018, n. 15630; III, 21/12/2017 n. 30656; 8/1/1987, n. 17; 4/3/1978, n. 1081). Rimane, dunque, a carico dell’attore l’onere di provare che il rischio avveratosi rientri nei “rischi inclusi” ovvero nella categoria generale di rischi oggetto di copertura assicurativa (cfr. Cass., III, 23/01/2018 n.1558; 17/05/1997, n.4426)”.
Come si desume dalla lettura del presente articolo, sono talmente vaste le casistiche previste dal nostro ordinamento in materia assicurativa, che diventa imprescindibile il ricorso ad un team di professionisti, con l’obiettivo di farvi conseguire il miglior indennizzo ottenibile.
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