La risoluzione dei contratti è un argomento complesso ma importante. Conoscere le regole e le eccezioni può aiutarti a proteggere i tuoi interessi in caso di controversie contrattuali.
Se non vuoi farti cogliere impreparato, continua a leggere, perché nel nostro articolo, esploreremo in dettaglio cos’è la risoluzione di un contratto, quando può verificarsi e quali sono le sue implicazioni legali.
Cos’è la risoluzione del contratto
La risoluzione contrattuale è un fenomeno cruciale che porta alla conclusione di un contratto. Ma attenzione, non è da confondere con l’esecuzione del contratto stesso. Quando le parti adempiono alle loro obbligazioni, il contratto prosegue la sua esistenza, continuando a produrre effetti giuridici. Questi effetti sono fondamentali per giustificare le posizioni legali delle parti coinvolte.
Tradizionalmente, possiamo distinguere due tipi di risoluzione:
- Risoluzione volontaria o negoziale: questa avviene quando le parti, in un atto di reciproca comprensione, decidono di liberarsi dai legami contrattuali. Un esempio di questo è il recesso o il mutuo consenso, dove entrambe le parti concordano di porre fine all’accordo.
- Risoluzione legale: questa è tipica dei contratti che coinvolgono prestazioni corrispettive. La risoluzione legale entra in gioco quando si verificano particolari complicazioni nel corso del rapporto contrattuale. I contratti a prestazioni corrispettive sono caratterizzati da prestazioni legate tra loro da un nesso (sinallagma) che li rende interdipendenti, sia al momento della stipula che nel corso del rapporto.
I tre scenari della risoluzione contrattuale
Secondo il codice civile, di risoluzione si può parlare quindi solo nei contratti a prestazioni corrispettive e quando viene meno il nesso funzionale.
È un tema abbastanza complesso, ma cerchiamo di semplificarlo, suddividendolo in tre scenari principali:
- risoluzione per inadempimento, ovvero quando le promesse vengono disattese (art. 1453cc):questa situazione si verifica quando una delle parti non rispetta gli obblighi contrattuali. La parte adempiente ha due opzioni: chiedere l’adempimento del contratto o la risoluzione dello stesso.
- risoluzione per impossibilità sopravvenuta, ovvero quando è impossibile continuare (art. 1463cc):questo caso si presenta quando diventa impossibile eseguire una prestazione contrattuale. La parte impossibilitata deve restituire ciò che ha già ricevuto.
- risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, ovvero quando i costi diventano insostenibili (art. 1467cc): questo tipo di risoluzione si applica a contratti con prestazioni periodiche o continue. È possibile richiedere la risoluzione se eventi straordinari e imprevedibili rendono una prestazione eccessivamente onerosa.
L’eccessiva onerosità sopravvenuta
Di questi tempi, l’eccessiva onerosità sopravvenuta è particolarmente rilevante. Questo scenario si verifica quando, a causa di eventi eccezionali e imprevedibili come, ad esempio nel caso dell’impennata dei costi energetici, una prestazione diventa insostenibile per una delle parti.
Esistono delle regole chiave da tenere a mente per questa forma di risoluzione:
- si applica solo ai contratti ad esecuzione periodica, continuata o ad esecuzione differita;
- una delle prestazioni deve diventare eccessivamente onerosa;
- l’evento deve essere straordinario e imprevedibile;
- la risoluzione riguarda solo le prestazioni future, non quelle già eseguite;
- la risoluzione può essere evitata riportando il contratto ad equità.
È importante specificare che non è possibile richiedere questa risoluzione per ogni cambiamento nella situazione finanziaria. Deve assolutamente trattarsi di eventi eccezionali e imprevedibili. Il secondo comma dell’art. 1467cc, infatti, dispone che la risoluzione non può essere domandata, se la sopravvenuta onerosità rientra nel normale rischio contrattuale.
Ad esempio, lo scoppio di una guerra, che comporta l’impennarsi del prezzo di determinati beni, può essere un evento straordinario e imprevedibile, che giustifica la risoluzione del contratto, per eccessiva onerosità sopravvenuta.
L’eccessiva onerosità sopravvenuta nel caso dei contratti aleatori
Non tutti i contratti sono soggetti a risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.
Ad esempio, i contratti aleatori, come quelli assicurativi, sono esenti da questa regola poiché si basano proprio sull’alea (il rischio inerente ad ogni operazione contrattuale/negoziale, relativo alle variazioni di costi e valori delle prestazioni).
Per quanto riguarda i contratti unilaterali, anche se la risoluzione non è possibile, la parte obbligata può chiedere una riduzione delle prestazioni per ripristinare l’equilibrio contrattuale.
Gli effetti della risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta
L’articolo 1458 del Codice Civile, che si occupa degli “effetti della risoluzione”, stabilisce che se si verificano le determinate condizioni, la parte svantaggiata dall’eccessiva onerosità sopravvenuta può chiedere al giudice di ottenere la risoluzione del contratto.
La risoluzione, in questo contesto, ha un effetto retroattivo tra le parti, a meno che il contratto non sia di tipo “ad esecuzione continuata o periodica”. In altre parole, se il contratto è di questo tipo, l’effetto della risoluzione non si applica alle prestazioni già eseguite. La risoluzione non pregiudica i diritti di terzi, a meno che non siano stati trascritti in precedenza.
Secondo il Codice Civile, inoltre, la parte contro cui è richiesta la risoluzione ha la possibilità di evitarla offrendo di modificare le condizioni del contratto in modo equo. Questa offerta di riduzione mira a ripristinare l’equilibrio contrattuale che è stato danneggiato dall’eccessiva onerosità, causata da eventi imprevedibili e straordinari. Questa offerta viene fatta in modo unilaterale, dalla parte che desidera richiedere la risoluzione.
La recente decisione della Cassazione Civile
Nel mondo complesso delle assicurazioni, una recente sentenza della Corte di Cassazione Civile ha acceso il dibattito.
Nella sua ordinanza n. 22621 del 16 ottobre 2020, la Corte di Cassazione Civile ha stabilito che è legittimo collegare il pagamento dell’indennizzo per danni parziali alla vera e propria riparazione.
Questa decisione è stata presa in seguito al ricorso di un proprietario di un’imbarcazione contro Unipol Sai. La Corte ha confermato la decisione della Corte di Appello di Lecce, che aveva respinto la richiesta di risarcimento di 71.000,00 euro per il danneggiamento della barca, venduta successivamente come relitto a terzi dopo essere stata trovata semiaffondata al largo delle coste di Pisticci.
Il cuore della questione è la clausola assicurativa che stabilisce che l’indennizzo per danni parziali è condizionato non solo all’occorrenza del danno, ma anche alla riparazione effettiva da parte dell’assicurato.
In questo caso, le riparazioni non erano state eseguite prima della vendita dell’imbarcazione. Il giudice ha quindi concluso che non si trattava di una “perdita totale” o di “abbandono” dell’imbarcazione, come specificato nelle condizioni generali del contratto, ma di danni parziali, e di conseguenza, il diritto all’indennizzo era subordinato all’effettiva riparazione.

Con il supporto di esperti legali specializzati, è possibile esaminare attentamente questa tipologia di clausole e valutare se sia possibile rinegoziare il contratto al fine di ottenere il massimo risarcimento in caso di danni.
Se mai dovessi trovarti in una situazione del genere, ricordati che la chiave sta nella comprensione delle condizioni contrattuali e soprattutto nella collaborazione con professionisti esperti che possono guidarti al meglio.